Oggi parleremo della seconda predisposizione che secondo Carl Rogers, fondatore del Counseling incentrato sulla persona, è fondamentale per aiutare gli altri, in particolare all’interno di una relazione d’aiuto professionale, ovvero l’accettazione.
La volta scorsa abbiamo parlato dell’autenticità : esattamente come la velocità è nulla senza il controllo, oserei dire che l’autenticità non e’ assolutamente sufficiente senza l’accettazione.
Rogers parla addirittura di ‘accettazione incondizionata’.
In questo articolo trattero’ il valore dell’accettazione come atteggiamento di vita verso sé e verso gli altri.
Ci troviamo quotidianamente di fronte alla scelta di accettare o rifiutare qualche cosa.
Ti sarà capitato di non accettare una parte del tuo corpo o di rimproverare sistematicamente il partner o i figli per alcuni loro comportamenti. Risultato: il malumore e i lamenti non hanno aiutato a vivere meglio la situazione, ma hanno aggiunto malessere alla tua giornata.
Ogni giorno, per lavoro, ascolto persone alle quali è accorsa qualche disavventura o che hanno subito traumi.
La cosa interessante da notare è che, per quanto grande possa essere il trauma o la sintomatologia lamentati dal cliente, una buona parte della sofferenza non è dovuta al fatto in sé accaduto, ma alla reazione al fatto stesso e alle strategie che la persona ha messo in atto per uscire dal problema.
Esistono due atteggiamenti di base per trattare la persona che ci chiede aiuto.
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La prima strategia, forse la più diffusa, è quella che chiamo ‘Dai che ce la fai. Forza, forza, forza! Just do it. Tieni duro!‘. Questa strategia sostiene chi ha le potenzialità ed e’ valida soprattutto nel campo dello sport agonistico. Purtroppo chi, al contrario, rimane indietro, rischia di scoraggiarsi ulteriormente, vivendo un’enorme distonia tra l’asticella alta, le pretese dell’ambiente e la percezione di quanto si sente capace nell’affrontare le sfide.
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Il secondo tipo di strategia, che adotto e preferisco, è quella del ‘Sia che tu cambi, sia che non cambi, io sono dalla tua parte, sono il tuo sponsor e sono al tuo fianco’. Ossia, invito le persone ad accettarsi, dando io stesso il buon esempio : accettandole nel caso non cambino con la velocità che loro stesse si aspettano. Sarebbe davvero strano se mi lamentassi nel non vederle fare progressi veloci: predicherei bene sostenendo l’accettazione, ma razzolerei male dimostrando impazienza verso la lentezza del percorso.
Le obiezioni sono molteplici: “Come posso accettare qualcosa che proprio non sopporto?”; “Se mi accetto, perderò motivazione a migliorarmi? Dovrò rinunciare ai miei sogni?”.
Quel che cerco di spiegare e’ che, trovando motivi di soddisfazione nella vita che già si ha, e’ possibile vivere più serenamente. E più si è sereni, più è semplice cambiare.
La felicità non dipende in maniera disperata dall’ottenimento di un cambiamento, ma, essendo il cuore più leggero, il passo verso la trasformazione sarà più agile.
D’altra parte se manca una solida base di appoggio, cambiare, ovvero fare il passo suggestivo, e’ meno sicuro.
Un’altra metafora che utilizzo spesso e’ l’esempio di chi vuol arrivare a Milano partendo da Roma ma trovandosi, in realtà, ancora a Napoli: “Pensavo di essere messo meglio”, mi dicono; oppure “Sono tornato indietro”.
Non si puo’ che accettare questo. E prima lo si accettera’, prima smetteremo di torturarci e prima riprenderemo quel treno, cioe’ la nostra marcia.
Katie Bayron ha scritto un libro dal titolo ‘Amare ciò che è’: un testo che ho apprezzato e che ancora prediligo.
Una delle frasi che mi è rimasta piu’ impressa è la seguente: “Quando sono in disaccordo con la realtà perdo, ma solo nel 100% dei casi”. Significa che è inutile negare l’evidenza e cio’ che è già accaduto: se voglio cambiare, prima accetto quello che e’ successo e prima conquisto la serenità per fare i passi necessari.
A volte non accettiamo perché non comprendiamo abbastanza il fenomeno che abbiamo di fronte.
Uso spesso questo esempio per spiegare come la nostra percezione, essendo soggettiva, ci fa vedere solo un aspetto della vicenda: immaginiamo un pesce più grande mentre sta per mangiare un pesce più piccolo. Se allarghiamo la cornice possiamo vedere che dietro il ‘predatore’ c’è un pesce ancora più grande, che sta per mangiare il pesce medio, che sta per mangiare il pesce piccolo.
Il cambiamento di orizzonte e l’allargamento della scena modificano la visione della realta’.
E quando comprendiamo i motivi per cui un interlocutore ha agito nei nostri confronti in maniera scorbutica, quando veniamo a sapere che ha avuto una cattiva giornata o che cio’ di cui ha discusso e’ un tasto particolarmente dolente per lui, allora, pur non essendo d’accordo, siamo in grado di tollerare meglio le sue reazioni.
Questo è il primo consiglio che ti do’ per agire con maggior accettazione nella tua vita: cerca di capire qual è l’intenzione positiva, qual è l’informazione che ti manca dietro il comportamento della persona che ti è di fronte. Comprendendo di piu’, accetterai di più.
Cerca, inoltre, di cogliere gli aspetti positivi di un problema e le opportunità per imparare cose nuove, per crescere, per allargare tuoi orizzonti.
Ed infine pensa che, aldilà dei successi o insuccessi, delle cose belle e meno belle che ci accadono, dei nostri pregi e difetti, delle nostre luci e delle nostre ombre, noi, per il solo fatto di essere umani, siamo molto, molto di più di tutto questo.
Nel momento in cui riesco a lasciar passare questo messaggio, l’accettazione arriva tutta e la persona che soffre di un senso di autocritica particolarmente pesante, non puo’ che sentirsi sollevata da tale incoraggiamento.
Ricorda: se accetti cosa sei, puoi andare dove vuoi!