In questo articolo parleremo del gestalt counseling come percorso di crescita e di sviluppo personale. Il counseling, ampiamente diffuso nel mondo anglo-americano, si sta diffondendo sempre più anche in Italia.
Counseling, dal verbo consulo (venire in aiuto di), sta ad indicare un processo di interazione fra due persone – counselor e cliente – il cui scopo è quello di agevolare: il riconoscimento e l’identificazione delle proprie emozioni, la scoperta delle proprie risorse e potenzialità, lo sviluppo di una comunicazione assertiva.
Acquisendo maggiore consapevolezza e sicurezza di sé, il cliente può, dopo una momentanea empasse o difficoltà, trovare soluzioni e prendere decisioni.
Il termine gestalt counseling deriva dall’intuizione del prof. Edoardo Giusti che l’approccio non-direttivo rogersiano si poteva ben abbinare con la semidirettività della Gestalt.
Infatti, mentre nei primi incontri è necessario offrire al cliente uno spazio di accoglienza e accettazione incondizionata, successivamente, il cliente diviene man mano pronto a un approccio che punta maggiormente sull’assunzione di responsabilità e sul valore dell’esperienza e dell’azione.
Un ciclo di gestalt counseling dura, in media, dalle dodici alle quindici sedute. Il counselor, sin dal primo incontro, chiarisce il contratto: durata, natura e scopo del percorso, compenso. Le informazioni relative alla persona verranno raccolte in una cartella anamnestica con i dati relativi a invio, motivazioni, età, sesso, appartenenza socioculturale, genogramma familiare.
Nella fase iniziale, pre-contatto, si lavora sulla relazione, avviando un’alleanza operativa e collaborativa. Il counselor accoglie il suo cliente, infondendo piena fiducia, trasmettendo empatia, accettazione e autenticità, in un clima di riservatezza e di rispetto.
Utilizza un ascolto attivo e comprende quel che l’altro dice, a livello verbale e non verbale, coglie emozioni e contenuto nella riformulazione (riformulazione sul contenuto, sul vissuto, sul significato, riformulazione eco, parafrasi, riassunto…). L’approccio iniziale è quello rogersiano, che mette al centro della relazione la persona, considerata esperta del suo problema.
Per poter camminare a fianco della persona che chiede aiuto, è fondamentale rispettare i suoi tempi e, se ha bisogno di stare in silenzio o di piangere, permettere che si sfoghi senza interromperla.
Il counselor può fornire anche dei feedback relativi a quel che ha osservato, come: “Sembra che tu faccia fatica a parlarne”, inoltre può esprimere con autenticità le sue reazioni emotive, ad esempio: “Quel che hai appena detto mi tocca profondamente”.
È importante, inoltre, osservare lo stile relazionale del cliente (è compiacente, ostile, amichevole?), convinzioni e valori, autopercezione, aspettative. È bene comprendere quale sistema rappresentazionale (visivo, uditivo, cinestesico) utilizza più frequentemente, così da entrare in sintonia usando la sua stessa modalità comunicativa.
Nella relazione di gestalt counseling è fondamentale evitare di:
- Fare domande non necessarie, in quanto potrebbero distogliere l’attenzione da quel che è più importante per la persona;
- Fare domande che inizino con “perché”, in quanto si indurrebbe la persona a concentrarsi sul passato più che sui problemi di oggi;
- Fare domande chiuse che non incoraggiano a parlare liberamente; utilizzare il V.I.S.S.I. (valutare, indagare, sostenere, soluzionare, interpretare).
Si possono invece privilegiare le domande aperte che lasciano libertà di risposta e le domande che iniziano con “cosa” e “come”: “Cosa ti porti a casa oggi?”, “Come ti senti ora?”, a rinforzo del lavoro fatto.
Nella fase del contatto avviene la presa in carico del cliente. Si può incentivare la motivazione al cambiamento lavorando su: risorse, obiettivi, soluzioni, strategie per affrontare eventuali ostacoli, utilizzando la tecnica della PNL.
Nella fase di contatto pieno, risultano particolarmente utili le tecniche gestaltiche. Il contributo della Gestalt deriva dal porre attenzione al qui e ora, portando in figura il corpo e la sua comunicazione, nonché il vissuto esperienziale.
A seconda del grado di consapevolezza e delle preferenze ed esigenze del cliente, nel gestalt counseling si potranno proporre lavori utilizzando: il disegno; le foto; le metafore e i sogni; la sedia vuota; le polarità; la gerarchia dei bisogni; la confutazione di convinzioni irrazionali.
In questa fase si può inoltre condurre un training anti-stress, attraverso la visualizzazione guidata. Se il cliente è ben disposto, si possono assegnare dei compiti da svolgere autonomamente tra una seduta e l’altra e l’uso di un’agenda su cui pianificare gli obiettivi (sviluppo del problem solving).
Nella fase del post-contatto viene elaborata la separazione; si verifica il miglioramento della capacità di autoregolazione; si formulano feedback positivi di rinforzo per i risultati raggiunti.
Il diario può rivelarsi un potente ed utile strumento di auto sostegno nel momento in cui si cominciano a diradare le sedute andando verso il termine della relazione.
Oltre alla relazione di gestalt counseling individuale, una utile integrazione è rappresentata dalla partecipazione ai gruppi pluralistici gestaltici dove poter sperimentare l’eterosostegno in un contesto protetto; così come sedute di training autogeno o di meditazione, in cui imparare a gestire efficacemente le proprie emozioni.
Dott.ssa Giuseppina La Barbera (psicologa e counselor in formazione presso l’ASPIC di Venezia)
Bibliografia di riferimento:
Carkhuff R. (1993) L’arte di aiutare, Ed. Erickson
Di Fabio A. (1999) Counseling, Ed. Giunti
Mucchielli R. (2008) Apprendere il counseling, Ed. Erickson
Rogers C. (1970) La terapia centrata-sul-cliente, Ed. Martinelli
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credo che questa impostazione della teoria sia efficace e chiara e quindi apprezzo la essenzialità del vostro modo di presentare questa tecnica relazionale e la assocerei alla visione olistica della persona in medicina|