In questo articolo parlerò dell’’importanza del counseling nell’assistenza domiciliare rivolta ad anziani non autosufficienti.
Mentre fino agli anni ‘70 la famiglia stabile ed estesa riusciva a prendersi cura dei propri familiari più deboli, oggi la famiglia sopperisce a tali bisogni di assistenza domiciliare pagando persone esterne, a causa di eventi demografici quali: calo della natalità, separazioni e divorzi, emancipazione della donna, invecchiamento della popolazione.
Attualmente l’Italia è uno dei Paesi più longevi d’Europa e la speranza di vita alla nascita si è allungata notevolmente rispetto al passato. Aumenta anche la prevalenza di patologie quali artrosi/artrite, ipertensione, diabete, osteoporosi, demenza, con conseguente perdita parziale o totale di autonomia.
A offrire assistenza domiciliare periodica ad anziani non autosufficienti, privatamente o su incarico di associazioni, cooperative, unità sociosanitarie o Comuni, vi sono infermieri e operatori sociosanitari. Tali operatori si confrontano quotidianamente con la sofferenza, con la perdita e con l’ineluttabilità della morte.
Come spiega Giusti (2009), in tali lavori di cura basati sulla relazione, oltre alle competenze tecniche e ai compiti assistenziali, che costituiscono il proprio specifico “saper fare”, è fondamentale “saper essere”, così da acquisire professionalità.
Per la costruzione di un ponte di fiducia e di un’alleanza con l’altro, è bene porsi in un atteggiamento rogersiano (Rogers, 1970) di empatia, autenticità e accettazione incondizionata.
Empatia significa mettersi nei panni dell’altro, sentire il mondo dell’altro “come se”. Autenticità vuol dire congruenza tra comportamento verbale e non verbale. Accettazione incondizionata equivale a totale rispetto per la persona, degna di essere accettata per quel che è.
Attraverso questo nutrimento relazionale ed affettivo, l’operatore si sintonizza con l’assistito e potrà agevolarlo nel soddisfacimento dei suoi bisogni, a partire da quelli fisiologici legati all’attività quotidiana, per passare, ove possibile, ai bisogni di ordine superiore, di sicurezza, appartenenza, stima e autorealizzazione, delineati da Maslow (1973). A sua volta l’operatore potrà contattare, nel “qui e ora” i propri bisogni, sintonizzandosi con il suo sentire.
Partendo da uno degli assiomi della comunicazione di Watzlavick (1971), per cui “non si può non comunicare”, è fondamentale che l’operatore che si occupa di assistenza domiciliare osservi anche il non verbale dell’anziano, tenendo conto che il suo assistito può non essere consapevole delle sue necessità oppure avere difficoltà o essere impossibilitato a chiedere.
Le tecniche di counseling appena descritte sono solo alcune di quelle si possono imparare, scoprendo, affinando e potenziando le proprie risorse e capacità, attraverso corsi e master, organizzati dalle diverse sedi territoriali dell’ASPIC. Perchè…aiutare è bene, saper aiutare è meglio!
Ma…chi aiuta chi aiuta? Durante questo “prendersi cura” dell’assistito malato o morente, si possono facilmente esperire emozioni vitali, quali rabbia e paura, con la sensazione di non riuscire a gestirle.
Se non si prende la “giusta distanza” dalla sofferenza altrui, ci si può pericolosamente dimenticare del proprio ruolo in un eccessivo coinvolgimento o, all’opposto, trattare il proprio assistito come un oggetto, deumanizzandolo.
Per prevenire il burnout (Maslach, 1982), quell’esaurimento emotivo tanto comune nelle professioni di aiuto, è fondamentale elaborare le proprie emozioni senza negarle o reprimerle, all’interno di spazi individuali di counseling, in cui prendere consapevolezza dei propri vissuti, esperendo senso di efficacia e di competenza.
Di fondamentale importanza è poi la supervisione del proprio operato, all’interno di gruppi di confronto e di crescita condotti da counselor o da terapeuti. Si impara così che la base per poter prendersi cura dell’altro è quella del volersi bene e del prendersi cura di se stessi.
Quando l’intervento periodico di un operatore domiciliare non basta più, in quanto i bisogni dell’anziano non autosufficiente richiedono assistenza quotidiana e continuativa, l’assistente familiare, comunemente conosciuta come badante, costituisce la “tessera mancante dei servizi domiciliari” (Piva, 2002), in risposta a una crescente domanda di cura che il Welfare State non riesce a colmare.
Il familiare che delega l’impegnativo compito dell’assistenza domiciliare di un suo familiare diventa dall’oggi al domani datore di lavoro, con il difficile compito di controllare e mediare il rapporto tra anziano e badante, in una situazione anomala che sfugge a ogni tipologia contrattuale.
È in tale Welfare nascosto (Gori, 2002) che si inserisce questa triade di cura ai cui vertici stanno anziano, famiglia e badante. È evidente quindi che il sistema familiare, pur essendo nei secoli profondamente cambiato nella struttura, nelle relazioni, nei bisogni e nei ruoli, resta pur sempre “il luogo per eccellenza degli affetti più profondi ma anche il luogo sorgivo della responsabilità nei confronti dell’altro” (Scabini, Iafrate, 2003).
L’anziano fragile e la badante straniera sono due estranei, entrambi deboli, con culture e usanze differenti, che si ritrovano per necessità a convivere. Il reciproco processo di adattamento non è facile. La badante condivide con l’assistito le ore del giorno, deve essere presente di notte, tenere compagnia, essere disponibile in ogni occasione, oltre a dedicarsi alle attività domestiche. Si tratta dunque di “un regime di vita privo di distinzioni”, dove “assistente e assistito condividono spazi, tempi, alimentazione, intimità, difficoltà, umori, ospiti” (Sgritta, 2009).
Quello della badante – sottolinea Sgritta (2009) – è un mestiere “compresso”, vissuto come scelta obbligata, in apparenza aperto a tutti, ma complesso e difficile, cristallizzato, tendenzialmente privo di riconoscimento ed autorealizzazione; è esposto a rischio di capolarato, sfruttamento, mobbing.
Sarebbe qualificante per la badante acquisire una professionalità, in cui le tecniche assistenziali proprie del “saper fare” si affianchino al “saper essere” (Giusti, 2009). E come si impara a “saper essere”? Attraverso le tecniche di counseling: vuol dire interagire con empatia, congruenza ed accettazione, instaurando un legame di fiducia, mediando possibili conflitti e pregiudizi, mantenendo la giusta distanza, gestendo le emozioni proprie e accettando e comprendendo quelle altrui.
Poiché il burnout è pericolosamente in agguato, è fondamentale imparare a prendersi cura della propria salute psichica. Alla badante manca il tempo e, quando ha qualche ora libera a disposizione, difficilmente decide di concedersi uno spazio ed un tempo dedicato a sé, in cui poter essere ascoltata da un professionista come un counselor o uno psicologo: la paura spesso non permette di esporsi e di uscire dal proprio mondo, fatto di conflitti interiori e di solitudine.
Il counseling e la formazione, di basilare importanza per le assistenti, sarebbero utili anche per i familiari che fanno loro da tutor, affinchè imparino o migliorino le abilità di comunicazione e di mediazione, riconoscendo e gestendo le emozioni, acquisendo consapevolezza di sé e degli altri.
Il riconoscimento e la valorizzazione dell’assistenza domiciliare, attraverso la professionalizzazione, condurrebbe al loro ben-essere, con un conseguente miglioramento della qualità di vita dei nostri anziani, del sistema familiare e dell’intera comunità sociale.
Dott.ssa Giuseppina La Barbera (psicologa e counselor in formazione presso l’ASPIC di Venezia)
Assistenza domiciliare e counseling – bibliografia di riferimento:
Giusti E., Mancinelli L. (2009) Il counseling domiciliare. La presenza socio-assistenziale residenziale, Ed. Sovera
Maslach C. (1982) La sindrome del burnout, Ed. Cittadella
Maslow A. (1973) Motivazione e personalità, Ed. Armando
Rogers C. R. (1970) La terapia centrata-sul-cliente, Ed. Martinelli
Watzlawick P. et al. (1971) Pragmatica della comunicazione umana, Ed. Astrolabio
Giusti E., Mancinelli L. (2009) Il counseling domiciliare, Ed. Sovera
Sgritta G. (2009) Badanti e anziani. In un welfare senza futuro, Ed. Lavoro
Scabini E., Iafrate R. (2003) Psicologia dei legami familiari, Ed. Il Mulino
Gori C. (2002) Il welfare nascosto, Ed. Carocci
Piva Toniolo P. (2002) Anziani accuditi da donne straniere, Animazione sociale, n. 5