Quali sono le cause dell’ansia e quali condizioni la favoriscono
Abbiamo già accennato al fatto che distinguiamo l’ansia dalla paura per il fatto che le ragioni della prima non sono note alla persona che prova questo sentimento, sono inconsce.
Per certi versi la paura è più gestibile dell’ansia in quanto è riferita ad un oggetto specifico e la persona “può difendersi” cercando di evitare le situazioni che la provocano, mentre l’ansia è un sentimento che non è riconducibile ad una situazione specifica e quindi lascia chi ne soffre in uno stato di relativa incertezza e impotenza.
Voglio fare un esempio che è abbastanza tipico: l’insonnia.
Prendiamo il caso di una persona che normalmente dorme tranquillamente, un’insonnia che non sia cronica, il che potrebbe richiedere un discorso più lungo, ma un’insonnia occasionale, che non sia dovuta all’uso di sostanze eccitanti: quell’insonnia occasionale in cui ci si rigira nel letto senza trovar pace.
Vi può essere un motivo che tormenta naturalmente ma di cui non si è ancora coscienti. In questi caso l’insonnia non è altro che una sorta di campanello d’allarme, un richiamo da parte della mente inconscia a porre attenzione ad alcune questioni che non sono state risolte durante il giorno.
Questo campanello d’allarme ci ricorda che non possiamo dormire sonni tranquilli perché ci sono degli affari irrisolti in inglese: “unfinished business”che riguardano la nostra vita.
In questo caso l’ansia e l’insonnia, che ne è una sua manifestazione, hanno una funzione positiva.
Gli affari non risolti contribuiscono ad aumentare il livello di ansia e di stress che le persone vivono nella loro vita perché hanno una caratteristica comune, quella di mantenere nel soggetto il giusto livello di attivazione e di vigilanza fino a quando il compito non viene risolto.
Questo fenomeno è conosciuto come “Zeigarnik effect” o effetto Zeigarnik, dalla psicologa che lo notò per la prima volta.
La Zeigarnik fu incuriosita dal comportamento dei camerieri che prendono le commesse ai tavoli. Ella si chiedeva come facevano a ricordare perfettamente le ordinazioni di ciascun tavolo. Col tempo notò altresì con altrettanta meraviglia che gli stessi camerieri una volta che il conto era stato pagato dimenticavano altrettanto rapidamente tutto, anche a distanza di pochi minuti.
E’ come se l’atto del pagare il conto facesse scattare una specie di “reset” nella mente del cameriere rispetto a quella memoria.
Gli esperimenti che la Zeigarnik fece successivamente confermarono che quando si inizia un qualsiasi compito si avverte una sorta di urgenza al completamento del compito stesso che rimane anche se il compito viene interrotto per cause di forza maggiore.
Ecco un’altra prova di come gli “affari non conclusi” di cui parlavamo prima, accumulandosi, provocano una tensione al completamento, che se non soddisfatta porta ad uno stress da accumulo.
Pensiamo a quante esperienze, di qualsiasi tipo non portiamo a termine …
Ecco quindi che una frase non detta, un chiarimento mancato, una persona che ci ha fatto stare male, producono uno stress dovuto da una parte alla naturale tendenza a voler completare le esperienze, dall’altra, a volte, all’impossibilità o incapacità di farlo.
Questo accade per vari motivi: ad esempio per la paura di affrontare le questioni.
Immaginiamo una persona che abbia accumulato nel tempo decine e centinaia di queste situazioni, ecco che lo stress cronico è servito!
Se poi ci mettiamo altre condizioni che stanno alla base della storia di una persona, quali maltrattamenti durante l’infanzia, angoscia di separazione ecc. possiamo capire come per molte persone l’ansia possa essere un problema almeno comprensibile.
Paure simboliche e paure reali
C’è un altro aspetto estremamente interessante da sottolineare.
Il nostro sistema nervoso può reagire con ansia o paura sia quando si trova di fronte a un pericolo reale che quando il pericolo è puramente simbolico.
Mi spiego meglio.
Supponiamo di trovarci di fronte ad un cane che abbaia minaccioso e che sta quasi per attaccare. In questo caso il mio cuore comincia a battere più forte e comincio a pensare essere in pericolo.
In questo caso il pericolo è concreto perché c’è una concreta minaccia per l’ incolumità fisica: il cane può mordere e può fare molto male.
Ma nel caso in cui uno sconosciuto ci faccia un gestaccio, non si corre un pericolo di vita, si tratta di un’onta di tipo psicologico, un affronto, eppure il sistema nervoso reagisce come se fosse ci fosse un pericolo di vita reale.
Quindi diciamo che il nostro “cervello emotivo”, il nostro sistema nervoso vegetativo, non si è evoluto alla stessa maniera del nostro sistema cognitivo, della nostra materia grigia.
E’ come se nonostante le sue enormi conquiste l’uomo moderno dal punto di vista dell’intelligenza emotiva sia rimasto abbastanza vicino all’uomo delle caverne.
Ecco che gli affari irrisolti di cui parlavamo prima vanno in un calderone e rischiano di non trovare mai fondo. Ma niente paura…
Continua nella parte terza.
Elvino Miali
Medico psicoterapeuta
Trainer dei videocorsi:
“Autostima e Assertività”
“Più Successo Personale con le tecniche di Coaching e PNL”
“Gestione Emozioni e Autocontrollo”